Vitaliano Trevisan ha composto “Un mondo meraviglioso. Uno standard” nel 2003, un anno dopo la pubblicazione de “I quindicimila passi”, romanzo che ha segnato la sua carriera narrativa e affermato il suo talento artistico.
Scritto come se fosse un’improvvisazione jazzistica, “Un mondo meraviglioso” è la trascrizione letteraria del persistente rimuginare su eventi, persone, ideali da parte di Thomas. Egli è uno scrittore disoccupato in perenne rivolta con il mondo a sé circostante: biasima suo padre, i suoi amici, i suoi concittadini e anche sé stesso. Il protagonista dell’opera è un antieroe moderno che non ha altre armi se non la scrittura e la nevrosi per esprimere il proprio dissenso nei confronti del mondo.
Il romanzo prevede sovente dei salti temporali: vengono raccontati episodi di vita vissuta, momenti memorabili o piccole abitudini di Thomas, dei suoi amici, dei suoi parenti. Questo perentorio ritorno al passato da parte del protagonista, lo stile di scrittura frammentato, l’improvvisa variazione di argomento sono elementi che rendono perfettamente l’idea del flusso di coscienza. Questo libro, infatti, non è altro che una successione di pensieri scritti di getto dallo stesso Thomas, il quale decide di mettere per iscritto ciò che gli è accaduto in una giornata e di inviare l’elaborato, senza rileggerlo, al suo editore.
“Tutto, pensavo, scrive Thomas, tutto tutto, senza tralasciare nulla, tutto devo scrivere e lo scriverò come se fosse uno standard.”
L’opera si struttura in due parti: la prima si intitola “un mondo meraviglioso” e prevede il racconto della giornata dello scrittore; la seconda, intitolata “Coda finale e tema”, si presenta più disomogenea e a tratti di difficile comprensione, in essa Thomas rivela una dimensione più profonda, racconta i suoi sogni, i suoi ricordi più intimi, le sue paure. La seconda parte è “tema” della prima: è come se la narrazione procedesse per cerchi concentrici giungendo man mano al fulcro, alla sua vera essenza, al fine ultimo di tutta la storia. Trevisan conferisce al lettore sempre più elementi per addentrarsi in un mondo interiore che si fa vittima e conseguenza di un mondo esteriore, di una società malata intrisa di oneri e pregiudizi.
“E tutto perché nessuno ascolta nessuno, tutti suonano e nessuno ascolta che cosa l’altro sta suonando, pensavo ballando, e se uno suona forte. E tutto perché nessuno ascolta nessuno, tutti suonano e nessuno ascolta che cosa l’altro sta suonando, pensavo ballando, e se uno suona forte.”
Seppure all’apparenza si tratti di pensieri dipanati senza sintagmi di collegamento, vi è in tutta l’opera un evidente fil rouge: l’amoralità sociale che compromette, degrada, uccide. Thomas e tutte le sue conoscenze sono succubi e prodotti di un mondo che è stato costruito su basi instabili e che, con un flebile soffio di vento, disvela la sua essenza. Tutte le fisime di suo padre, gli amici morti suicidi, la percezione di vuoto persistente nell’anima di Thomas e il senso di mobilità sociale che conduce l’uomo a una immobilità interiore sono solo alcune caratteristiche peculiari della società europea di fine Novecento.
“Guardiamo guardiamo, ma non vediamo che acqua. Siamo immobili nel nostro periodo di mobilità che potrebbe allungarsi fino a diventare una vita di perfetta immobilità. Prima o poi arriverà il vento, pensiamo, il vento gonfierà le vele e ci schioderemo, il vento… e andiamo alla deriva aspettando questo vento che non arriva.”
Trevisan, definito un Buster Keaton con le tendenze ossessive di Thomas Bernard, utilizza una ironia glaciale visibile sin dal titolo: “un mondo meraviglioso. Uno standard” è una sigla sarcastica volta a definire la discesa negli inferi dell’anima di un giovane scrittore. Sotto le vesti del disilluso Thomas si nasconde lo stesso Trevisan, il quale rivela con toni crudi e drammatici il suo pensiero, parte del suo vissuto, tutto il rammarico per un mondo che è posto e si pone in contraddizione a ogni sua aspettativa, che delude, che ferisce.
A fare da sfondo alle vicende di Thomas vi è Vicenza, una provincia italiana descritta come il corpo putrescente di un cadavere, città in cui il protagonista è cresciuto e che ha rappresentato perfettamente quegli stilemi sociali da cui lo scrittore cerca spasmodicamente di allontanarsi.
“Un mondo meraviglioso. Uno standard” non è una lettura semplice, le tecniche narrative adoperate permettono tuttavia una certa fluidità: il discorso diretto è reso senza virgolette, in certi periodi manca quasi totalmente la punteggiatura, intere frasi vengono ripetute integralmente e vi sono, inoltre, accumulazioni verbali. Lo stile molto singolare dell’autore è stato riconosciuto a livello nazionale e ha ottenuto diversi riconoscimenti, come il premio Campiello e il premio Chiara.
“Non ero solo allora, non ero solo, pensavo, e correvo verso l’uscita, perché ora ero solo e non potevo tollerare l’idea di essere solo al parco Querini, solo in un cosiddetto polmone verde, un grano di polvere nel polmone verde.”
Trevisan ha posto le condizioni per una immersione totale in un mondo “degli orrori”, in una mente ecclettica, in una vita che assomiglia molto a quella di ognuno di noi.
Chiara Pizzulli.
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