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Sui portici di Bologna


Immagine dal web

La notizia è di quelle positive. Senz'altro anche noi siamo felici che i #portici bolognesi siano stati dichiarati Patrimonio dell'Umanità da parte dell'Unesco.

Siamo felici eh. Ma permane un dubbio. Un atroce dubbio, che sa di certezza, che questo grande riconoscimento non faccia da ulteriore acceleratore dell'impronta turistica che da diversi anni sta letteralmente cambiando #Bologna.

Il riconoscimento internazionale del valore dell'estesa rete dei portici, che da sempre sono il simbolo per eccellenza della città emiliana, non abbiamo dubbi che sarà usato, sia come medaglietta da esporre nella prossima campagna elettorale, ma anche e soprattutto come ulteriore biglietto da visita per il turismo.

E non è questione di essere pro o contro al #turismo, non siamo così sciocchi da far finta di non conoscere come la filiera turistica sia importante per qualsiasi realtà, ma è ormai chiaro come il flusso di massa che affolla il centro bolognese nei weekend e non solo, ha causato delle trasformazioni profonde, anche in un limitato lasso temporale. Inutile sottolineare come si sia alzato a dismisura il costo degli affitti oppure come un gran numero di abitazioni private siano diventate bnb, con un ritorno economico che nei fatti rimane ai pochi privati ed alle grandi piattaforme di hosting.

Un fenomeno, quello della turistificazione della città, che si è solo apparentemente fermato a causa della pandemia, ma che per il resto viaggia spedito nella direzione di fare di Bologna la nuova Firenze. In questo senso si devono anche leggere i cambiamenti che alle riaperture primaverili hanno coinvolto le maggiori piazze bolognesi, che da luoghi di aggregazione spontanea di ragazze e ragazzi sono state dapprima criminalizzate e poi fortemente regolarizzate oppure sono diventate altro, in nome della lotta al degrado prima e all'assembramento dopo. E parliamo di una piazza san Francesco occupata fisicamente da un palco utilizzato solo nel weekend, oppure di una piazza Verdi, nella quale un locale può mettere tutti i tavolini che vuole, ma un ragazzo o una ragazza non possono sedersi a terra (come dimenticare a questo proposito il post del mitico assessore Aitini che è fiero di avere una piazza vuota e sorvegliata dalle forze dell'ordine il sabato sera). Oppure ancora di una piazza Aldrovandi, divisa in due dalla strada, con un lato pieno di locali e tavoli in cui la vita scorre tranquilla e l'altro con le transenne per evitare assembramenti giovanili.

Una delle sfide che ha imposto il covid è quella di ripensare totalmente lo spazio pubblico. Proprio nel momento in cui per tanti motivi lo spazio all'aperto sta riscontrando maggiori attenzioni e maggiore importanza, si cerca di regolamentare in maniera maniacale lo spazio pubblico, preferendo però che se ne occupi sostanzialmente il privato. E ne guadagni, ovviamente, il privato.

Per questo e per molto altro, ci auguriamo che i portici di Bologna non diventino solo la prossima location per mangiare i tortellini, ma continuino ad avere quella vitalità di strada che li hanno sostanzialmente resi famosi, salvaguardando realmente quel patrimonio, non solo artistico e architettonico, a tutta l'umanità.

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